E’ di questi giorni la firma del protocollo sulle indicazioni operative per la consulenza tecnica d’ufficio su famiglie e minori del Tribunale di Milano.
E’ lo spunto per fare alcune riflessioni.
La prima sicuramente è che in diritto di famiglia vige la regola “tribunale che vai, prassi che trovi”. Una così ampia diversità di modalità operative non si riscontra in altri ambiti giuridici e i protocolli si moltiplicano, amplificando le differenza di prassi da foro a foro. E proprio per questo il CNF ha creato Rete Famiglia, per conoscere attraverso l’esperienza di avvocati operanti in tribunali diversi, quanto queste modalità non scritte siano in effetti esistenti e diverse tra loro.
La seconda riflessione è che nell’ampio panorama delle problematicità delle questioni familiari, certamente una delle più complesse è sul metodo di valutazione delle competenze genitoriali. La responsabilità del consulente tecnico nel rispondere ad un quesito sulla idoneità genitoriale trova, tra i suoi limiti, da un lato il quesito posto dal giudice e dall’altro le note dei consulenti di parte. Per il resto nella pratica quotidiana ci viene restituito dai consulenti un volume spropositato di carte, con mille test eseguiti, le parti provate da ore di consulenza e delle conclusioni a volte non concordanti con quanto emerso dai documenti prodotti.
Senza dubbio l’esperienza ci dice che i quesiti standardizzati e i copia-incolla di alcune ctu, portano ad una inutile omologazione e ad un accanimento con test psicologici o indagini di tipo sanitario che non portano a comprendere se quel genitore è capace nella cura ed educazione del minore.
Le perizie spesso sono infarcite di temi che non dovrebbero interessare il giudice, dovrebbero rimanere fuori dalle aule giudiziarie, focalizzandosi l’indagine solo ed esclusivamente verso l’emersione di una diagnosi di personalità patologica, malata.
Vorremmo insomma una perizia che ci dica chiaramente se quei disturbi narrati (nas, borderline, narcisistitco etc.) possono o meno influire sullo sviluppo di quel minore.
Cosa complica questo obiettivo? Che la psicologia è una scienza debole e che la correlazione tra saperi, psicologici e giuridici, con i loro linguaggi diversi, confonde l’indagine rischiando spesso un cortocircuito linguistico.
Ma a monte, questo va detto chiaramente, c’è un diffuso malcostume che porta ad abusare della consulenza tecnica nelle nostre cause, su famiglie solo conflittuali e non malate, ove la CTU invece andrebbe relegata alle situazioni iperpatologiche, al genitore disfunzionale.
Non è detto che tutti i genitori debbano essere “perfetti”, nessuno ha il compito di garantire al bambino un bravo genitore, non dobbiamo cercare il genitore ideale, ma valutare esclusivamente la inidoneità, la tendenza a fare del male al proprio figlio, non concentrarci al contrario sulla sua idoneità. La distinzione non è semplice esercizio letterale.
In questo senso le indicazioni del tribunale di Milano sono piuttosto chiare: solo in caso di disturbi psichiatrici o di un quadro psicopatologico il ctu deve descriverne l’impatto sulle competenze genitoriali. Altrimenti deve fermare la sua indagine.
La famiglia è una cellula in continua evoluzione e il “superiore interesse del minore” introdotto dalla convenzione di New York, che rappresenta l’obiettivo dell’operatore del diritto, è anch’esso un concetto in incessante trasformazione.
La genitorialità oggi va intesa come quella capacità di educere da una corpo una personalità, una persona sufficiente sul piano esistenziale, contenta di sé. E nel documento milanese troviamo lo specifico riferimento a funzioni di cura, protezione ed educazione, funzione riflessiva, empatica/affettiva e organizzativa, capacità di garantire l’accesso all’altro genitore, assunzione attiva di responsabilità.
Ultime due notazioni. La perizia deve avere una funzione “trasformativa”? Deve cioè fornire soluzioni ed interventi per il superamento delle criticità della coppia genitoriale? Le indicazioni del tribunale di Milano lo escludono chiaramente al punto 5): “Funzione valutativa e non trasformativa della CTU. La Consulenza d’Ufficio non ha una funzione trasformativa/conciliativa. E’ comunque parte naturale del mandato esplorativo del CTU valutare e comprendere se vi siano margini di negoziabilità delle divergenze in campo all’interno del nucleo familiare”.
Da ultimo riteniamo rilevanti i principi dettati dal documento milanese sulla relazione peritale che deve essere sintetica, chiara, e soprattutto coerente e i test utilizzati, solo se ritenuti necessari, sono da intendersi complementari all’esame clinico.
Pubblicato sulla rivista on line Persona&Danno il 2.11.2021