– Una donna siciliana, dopo una lite, torna dai genitori ma poi il marito non l’ha fatta piu’ rientrare in casa. Il reato di violenza privata si e’ configurato esattamente all’atto dell’ espellere la consorte fuori dalle mura domestiche. –

Sentenza:

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 ottobre 2012, n. 40383

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 4-3-2011 la Corte di Appello di Palermo, confermando quella del Tribunale di Agrigento in data 5-5-2009, riconosceva la penale responsabilità di V.G. per il reato di violenza privata commesso l'(OMISSIS) in danno della moglie C.M.E.(la donna era stata scacciata dall’abitazione), e per quelli di ingiuria, lesioni personali e danneggiamento, commessi il XXXXXXXX, sempre in danno della predetta.

2. Ricorreva l’imputato tramite il difensore avv. R. Tripodo.

2.1 Con un primo motivo deduceva, in ordine al capo C (lesioni personali), motivazione manifestamente illogica sul punto dell’attendibilità della p.o., le cui dichiarazioni erano state ritenute “concordi” e confermate da quelle del figlio, presente al fatto, benché questi avesse affermato che la madre si era buttata per terra, senza essere stata colpita dal marito.

2.2 Con il secondo motivo si deduceva motivazione apparente sul punto della compatibilità delle lesioni risultanti dal certificato medico (lieve trauma nasale, lieve trauma emicostato sinistro) con i due pugni asseritamente sferrati dal prevenuto.

2.3 Il terzo motivo investiva l’ingiuria di cui al capo B) per omessa motivazione sulle doglianze sollevate con l’appello.

2.4 Con il quarto era dedotta violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della scriminante dell’esercizio di un diritto in relazione al capo A (la violenza privata), in quanto nel (OMISSIS) la casa familiare era in uso al prevenuto, essendo la p.o. andata a vivere presso i genitori.

2.5 Con l’ultimo motivo si deduceva violazione di legge sul punto della ritenuta comproprietà, per effetto di comunione legale, dei beni danneggiati (capo D), avendo invece i coniugi optato per il regime della separazione di beni.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato e va disatteso.

2. Il primo motivo tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.

2.1 Nel caso in esame il giudice di merito ha ineccepibilmente osservato che la prova della responsabilità dell’imputato in ordine al reato di lesioni personali (capo C), si desumeva dalle dichiarazioni accusatorie della moglie/persona offesa, avvalorate da quelle del figlio della coppia, presente al fatto, che avevano trovato, le une e le altre, oggettivo riscontro nella certificazione medica. Le doglianze del ricorrente sono infondate poiché le dichiarazioni testimoniali della persona offesa, se sottoposte ad un attento controllo di credibilità come nella sentenza impugnata, possono essere assunte anche da sole a prova della responsabilità dell’imputato, senza necessità di riscontri esterni (Cass. sez. 3, 27 aprile 2006 n. 34110, Valdo Iosi; sez. 1, 4 novembre 2004 n.46954, Palmisani; sez. 6, 3 giugno 2004 n. 33162, Patella; sez. 3, 27 marzo 2003 n. 22848, Assenza). Il giudizio sull’attendibilità della persona offesa costituisce peraltro il risultato di una valutazione di fatto che non può essere rivalutata in sede di legittimità, a meno che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (Cass. sez. 3, 22 gennaio 2008 n.8382, Finazzo).

2.2 Nella specie i giudici di appello, pur dando atto che il figlio dei coniugi aveva dichiarato che la madre si era gettata a terra senza essere stata colpita dal padre, hanno richiamato il certificato medico attestante che la donna era stata colpita al naso ed al costato.

Facendo applicazione del generale canone ermeneutico della necessaria congiunta valutazione delle sentenze di primo e secondo grado che, se conformi, si integrano vicendevolmente ai fini del vaglio di congruità e completezza della motivazione, dando origine ad enunciati organici ed inseparabili, va ricordato che la sentenza di primo grado aveva precisato che i contatti tra l’imputato e la persona offesa erano stati due: il primo in camera da letto, quando il marito, poiché quel giorno la casa era stata assegnata alla moglie, si era messo a letto vestito per riaffermare il proprio predominio, e la donna si era inginocchiata accanto al letto ricevendo un pugno al costato; il secondo allorché la persona offesa, dopo essersi allontanata per chiamare i CC, era tornata indietro avendo udito dei rumori provenire dalla camera e, nel corridoio, aveva ricevuto dal marito una manata sul naso finendo a terra.

Ricostruzione la cui coerenza e logicità non è scalfita dalla citazione, nel ricorso, di stralci fuori contesto del racconto del ragazzo – che tra l’altro non è chiaro se avesse assistito a tutte le fasi della vicenda -, comunque inidonei a superare gli esiti obiettivi ell’accertamento medico, coerenti con le dichiarazioni della persona offesa.

2.3 Le conclusioni circa la responsabilità del ricorrente risultano quindi adeguatamente giustificate dai giudici di merito attraverso una puntuale valutazione delle prove, alla base di una ricostruzione dei fatti esente da incongruenze logiche e da contraddizioni.

Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede, non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile.

3. Tutt’altro che apparente, alla stregua di quanto appena osservato e contrariamente alla secondo doglianza, risulta quindi la motivazione sul punto della compatibilità delle lesioni risultanti dal certificato medico (lieve trauma nasale, lieve trauma emicostato sinistro) con i due pugni sferrati dal prevenuto, uno dei quali, come sopra precisato, era in realtà una manata al naso.

4. Né ha maggior fondamento il terzo motivo, relativo all’ingiuria di cui al capo B), con cui si assumeva omessa motivazione sulle doglianze sollevate con l’appello. Per quanto, in effetti la corte territoriale non abbia affondato in modo espresso il tema di tale reato, si è comunque implicitamente pronunciata al riguardo avendo affermato che, in relazione a tutti i reati, la prova della responsabilità risultava dalle dichiarazioni della p.o., il giudizio della cui attendibilità è, per quanto sopra, insindacabile in quanto esente da manifeste illogicità e contraddizioni.

5. Manifestamente infondati sono infine il quarto ed il quinto motivo.

La prospettazione dell’esimente dell’esercizio di un diritto in relazione al capo A (la violenza privata) – basata sull’assunto che nel (OMISSIS) la casa familiare sarebbe stata in uso al prevenuto, essendo la p.o. andata a vivere presso i genitori -, collide infatti con il rilievo tranciane della corte territoriale che non vi erano all’epoca provvedimenti di assegnazione della casa (che sarebbe stata assegnata alla moglie all’udienza presidenziale del XXXXXXXX). Tanto basta per ritenere corretta la conclusione che la donna, anche se temporaneamente trasferitasi presso i genitori, aveva il diritto di tornare, né il marito poteva escluderla dalla casa coniugale.

La deduzione di violazione di legge sul punto della ritenuta comproprietà, per effetto di comunione legale, dei beni danneggiati (capo D), mentre i coniugi avevano optato per il regime della separazione di beni, si fonda, infine, su una mera asserzione, per di più in contrasto con quanto sostenuto dallo stesso ricorrente nell’atto di appello, in cui si riconosceva che i beni danneggiati erano di proprietà di entrambi.

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna de. ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone l’oscuramento dei dati identificativi.